Communitas perfecta

Communitas perfecta ("comunità perfetta") o societas perfecta ("società perfetta") è il nome latino dato a una delle numerose teorie ecclesiologiche, canoniche e politiche della Chiesa cattolica.

La dottrina insegna che la Chiesa è un gruppo autosufficiente o indipendente che dispone già di tutte le risorse e le condizioni necessarie per raggiungere il suo obiettivo generale (fine ultimo) della salvezza universale dell'umanità.

Storicamente fu utilizzata per definire i rapporti Chiesa-Stato e per fornire una base teorica per il potere legislativo della Chiesa nella filosofia del diritto canonico cattolico.

In Aristotele

Le sue origini possono essere fatte risalire alla ‘’Politica’’ di Aristotele, come un aggregato di comunità meno perfette quali la famiglia o il villaggio. [1] La "comunità perfetta" è stata originariamente sviluppata come teoria politica della società. L'organizzazione politica più sovrana (la Polis) può raggiungere il fine della comunità nel suo insieme (la felicità) meglio di qualsiasi parte subordinata della comunità (famiglia, villaggio, ecc.). Dal momento che può conseguire il suo fine (telos) con i propri poteri e le risorse interne, allora è autosufficiente. È l'autosufficienza l'elemento caratterizzante della ‘’polis’’. [1]

Nella Scolastica

Lo stesso argomento in dettaglio: Trattato sul diritto.

L'idea di "comunità perfetta" era presente anche nella filosofia medievale. In diretto riferimento ad Aristotele, san Tommaso d'Aquino citò lo stato (in latino civitas)[2] come una comunità perfetta (communitas perfecta) [3]:

(LT)

«sicut homo est pars domus, ita domus est pars civitatis, civitas autem est communitas perfecta, ut dicitur in I Politic. Et ideo sicut bonum unius hominis non est ultimus finis, sed ordinatur ad commune bonum; ita etiam et bonum unius domus ordinatur ad bonum unius civitatis, quae est communitas perfecta. Unde ille qui gubernat aliquam familiam, potest quidem facere aliqua praecepta vel statuta; non tamen quae proprie habeant rationem legis.»

(IT)

«Come un uomo fa parte della famiglia, così una famiglia fa parte dello stato: e lo stato è una comunità perfetta, secondo Polit. i, 1. E quindi, come il bene di un uomo non è il fine ultimo, ma è ordinato al bene comune; così anche il bene di una famiglia è ordinato al bene di un solo stato, che è una comunità perfetta. Di conseguenza colui che governa una famiglia, può davvero dare certi comandi o ordinanze, ma non tali da avere propriamente forza di legge.»

(Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia-IIæ q.90 a.3. rep. obj. 3[4])

Negli scritti di Tommaso d'Aquino non esistono riferimenti alla Chiesa come a una comunità perfetta. Se Tommaso d'Aquino e gli scrittori medievali mai ebbero qualche nozione di communitas perfecta applicata alla Chiesa, essa non fu chiaramente espressa e non rappresentò una base chiara per la teoria della societas perfecta che fu usata nelle successive controversie tra Chiesa e Stato.

Secondo il modello piramidale di Chiesa che si affermò alla fine del primo millennio con il passaggio dal cesaropapismo alla teocrazia papale, la Chiesa iniziò ad essere definita come societas perfecta inaequalis et hierarchica, indipendente dalla società civile e politica, e incorporante la disuguaglianza che distingueva la Chiesa-che-insegna (in latino Ecclesia docens) dalla Chiesa-che-apprende (Ecclesia discens).[5]

Adozione magistrale

Durante l'Illuminismo la dottrina della Societas Perfecta fu fortemente affermata per proteggere meglio la chiesa dalle ingerenze secolari. Fu menzionata anche nel magistero di pontefici favorevoli al tomismo, come in quello di papa Pio IX. E soprattutto papa Leone XIII, nella sua enciclica Immortale Dei, spiegò questo insegnamento in relazione alla Chiesa:

«Similmente si deve ritenere che la Chiesa sia una società perfetta nella sua peculiare natura e nel suo assetto giuridico non meno di quella civile, e che al potere statale non deve essere consentito di sottomettere e subordinare a se stesso la Chiesa, o di limitarne l’azione, o di sottrarle uno qualsiasi degli altri diritti che da Gesù Cristo le sono stati conferiti. Nelle questioni di diritto misto, ciò che si conforma alla natura e al disegno divino non è la separazione di un potere dall’altro, e molto meno il conflitto tra loro, ma una piena concordia, coerente con le finalità che sono all’origine di entrambe le società.»

(Enciclica “Immortale Dei”)

Le due società perfette corrispondono a due forze: la Chiesa e lo Stato:

«Di quale natura e peso essa sia, poi, non si può altrimenti stabilire se non prendendo in considerazione, come s’è detto, la natura delle due potestà e ragionando sull’eccellenza e la nobiltà dei loro fini: come all’una spetti anzitutto ed essenzialmente la cura delle cose terrene, all’altra l’acquisizione dei beni celesti e sempiterni. Pertanto tutto ciò che nelle cose umane abbia in qualche modo a che fare col sacro, tutto ciò che riguardi la salvezza delle anime o il culto di Dio, che sia tale per sua natura o che tale appaia per il fine a cui si riferisce, tutto ciò cade sotto l’autorità e il giudizio della Chiesa: tutto il resto, che abbraccia la sfera civile e politica, è giusto che sia sottoposto all’autorità civile, poiché Gesù Cristo ha voluto che ciò che è di Cesare sia dato a Cesare e ciò che è di Dio a Dio.»

(Enciclica “Immortale Dei”)

Gli sviluppi nel periodo postconciliare

La dottrina delle due società perfette di Leone XIII fu ritenuta ufficiale negli studi teologici fino al Concilio Vaticano II. Durante il Concilio stesso, così come nel nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, la dottrina non fu più esplicitamente menzionata e la "Comunità Perfetta" aristotelica fu quasi sostituita dal biblico "Popolo di Dio". Nella moderna teologia cattolica postconciliare, la sua discussione è limitata a teologi e accademici. Il suo quasi completo abbandono si è rivelato controverso.

Papa Paolo VI ne fa menzione e la riassume nel motu proprio Sollicitudo omnium ecclesiarum del 1969 in merito ai compiti del legato pontificio:

«È ben vero che le finalità della Chiesa e dello Stato sono di ordine diverso e che ambedue sono società perfette, dotate, quindi, di mezzi propri, e sono indipendenti nella rispettiva sfera d'azione, ma è anche vero che l'una e l'altro agiscono a beneficio di un soggetto comune, l'uomo, da Dio chiamato alla salvezza eterna e posto sulla terra per permettergli, con l'aiuto della grazia, di conseguirla con una vita di lavoro, che porti a lui benessere, nella pacifica convivenza con i suoi simili.»

(‘’Sollicitudo omnium ecclesiarum’’)

Questa teologia fu in gran parte oscurata dalla teologia biblica della chiesa come Mystici Corporis Christi (Corpo mistico di Cristo), che iniziò a svilupparsi più pienamente all'inizio del XX secolo e che fu affermata da papa Pio XII nel 1943.

Note

  1. ^ a b Aristotele, Politica libro I capitolo 1
  2. ^ Per quanto concerne la traduzione di civitas con "stato" in questo punto, si veda: Aroney, Nicholas, "Subsidiarity, Federalism and the Best Constitution: Thomas Aquinas on City, Province and Empire. "Law and Philosophy, Vol 26, pp. 161–228, 2007
  3. ^ Summa I-II q 90 a 3 (in inglese: NewAdvent.org)
  4. ^ Summa Theologiæ Ia-IIæ q.90 a.3. rep. obj. 3
  5. ^ P. G. Mucci, La Chiesa come Società Giuridicamente Perfetta (PDF), in Ius Ecclesiae, vol. 29, n. 2, 2017, DOI:10.19272/201708602006 (archiviato il 30 agosto 2022).

Bibliografia

  • Böckenförde, Ernst-Wolfgang. State - Society - The Church, in: Writings on the State - Society - Church III, Friburgo, 1990, p. 113-211
  • Graham, Robert A., S.J. Vatican Diplomacy: A Study of Church and State on the International Plane (Princeton, New Jersey: Princeton University Press, 1959).
  • Listl, Joseph. Church and State in the recent Catholic Church Law, Berlino, 1978.


  Portale Cattolicesimo: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cattolicesimo