Falanto

Falanto che cavalca un delfino, rappresentazione in rilievo su una Didracma (500-473 d.C. circa; conservata presso la sezione numismatica della Residenza di Monaco di Baviera).

Falanto (in greco antico: Φάλανθος?; in latino Phalantus) è una figura della mitologia greca, ecista dei coloni Parteni provenienti da Sparta, marito di Etra.

Figlio di Arato, secondo la leggenda la sua figura è fortemente legata alla città di Taranto, in quanto Falanto sarebbe il fondatore effettivo dell'antica colonia greca.

Il mito di fondazione di Taranto ad opera di Falanto, è rappresentato nel Borgo Antico della città su un pannello ceramico realizzato nel 2005 dall'artista Silvana Galeone, su idea e progettazione del Centro Culturale Filonide.

Il mito

Racconta Strabone nella sua Geografia, come Sparta rischiasse di non avere più una giovane generazione di guerrieri a causa della lontananza degli uomini dalla città, per via delle lunghe guerre messeniche in cui Sparta era contrapposta alla vicina Messenia,[1] vincolati da un solenne giuramento di non fare ritorno a casa prima di aver conquistato la città e i terreni che le appartenevano. Per risolvere il problema della natalità, gli Spartiati acconsentirono affinché i Perieci, cioè i cittadini che non godevano di tutti i diritti politici propri degli Spartiati, potessero unirsi alle donne per procreare. Ma i nuovi nati, detti poi Partheni, nonostante addestrati come guerrieri, non potevano godere di tutti i diritti garantiti nella poleis.

Giunse quindi il momento in cui i Partheni, guidati da Falanto, organizzarono una sommossa insieme agli schiavi, per ottenere dall'aristocrazia i diritti loro negati: la sommossa fallì e i rivoltosi, non potendo essere condannati a morte al pari degli schiavi, furono obbligati a lasciare la città alla ricerca di nuove terre.

Prima di partire, Falanto consultò l'Oracolo di Delfi alla ricerca di un responso circa il proprio futuro. L'oracolo di Apollo, tramite la Pizia, così sentenziò:[2]

«Vi concedo di abitare Saturo e siate la rovina degli Iapigi».

Falanto chiese anche un segno con cui capire quando sarebbe giunto il momento opportuno, e l'oracolo sentenziò:

«Quando vedrai piovere dal ciel sereno, conquisterai territorio e città».

Dopo aver affrontato un naufragio e raggiunte le terre degli Iapigi, presero possesso del promontorio di Saturo.

Venne un giorno in cui le ambizioni e le delusioni di Falanto lo videro sedere per terra con il capo poggiato sulle ginocchia della moglie, la quale stanca e scoraggiata, cominciò a piangere e a bagnarlo con le sue lacrime. Ma il nome della moglie Etra (in greco antico Αἴθρα) ha proprio il significato di "cielo sereno",[3] per cui Falanto, ricordandosi dell'oracolo, ritenne giunto il momento di fondare una città: guidando i suoi uomini verso l'entroterra fondò così Taranto, richiamandosi all'eroe greco-iapigio del luogo chiamato Taras. [4]

Mentre gli indigeni riparavano a Brindisi, Falanto poté finalmente costituire in Italia una colonia lacedemone, retta dalle leggi di Licurgo.[5]

In seguito a contrasti con i concittadini (per seditionem), Falanto venne scacciato con ingratitudine da Taranto e si rifugiò a Brindisi, proprio presso gli Iapigi che aveva sconfitto. In quel luogo morì e ricevette un'onorata sepoltura dai suoi ex nemici.[6]

Sul letto di morte, tuttavia, Falanto volle far del bene ai suoi ingrati concittadini: convinse i brindisini a spargere le sue ceneri nell'agorà di Taranto, perché così facendo si sarebbero assicurati la conquista della città. In realtà, l'oracolo aveva predetto a Falanto che Taranto sarebbe rimasta inviolata se le sue ceneri fossero rimaste entro le mura. Così Falanto, ingannando i brindisini, fece un favore ai tarantini che da allora gli resero l'omaggio dovuto ad un ecista.[7]

Note

  1. ^ Aristotele, Politica.
  2. ^ Nicola Corcia, XI Regione Tarentina, in Storia delle Due Sicilie, dall'antichità più remota al 1789, Tomo 3, Napoli, Tipografia Virgilio, 1847, pp. 349-350-351.
  3. ^ De Grandis, p. 169.
  4. ^ Taranto Magna, Le origini di Taranto: la leggenda di Falanto, su Taranto Magna, 19 settembre 2013. URL consultato il 25 febbraio 2024.
  5. ^ Giustino.
  6. ^ Giustino, III, 4, 17-18. Questa parte del mito si spiega con l'influenza ateniese sui territori messapici, l'alleanza in funzione antitarantina e gli scontri per la supremazia nella Siritide.
  7. ^ Vincenzo Cuoco, III, in Platone in Italia, traduzione dal greco, Volume unico, Bruxelles, Tipografia della società belgica, 1842, pp. 17-18.

Bibliografia

  • Vito Maria De Grandis, Dizionario etimologico-scientifico delle voci italiane di greca origine, Napoli, Stamperia francese, 1824, SBN IT\ICCU\BRIE\000273.
  • Felice Presicci, Falanto e i Parteni. Storia, miti, leggende sulla colonizzazione spartana di Taranto, Taranto, 1990, SBN IT\ICCU\CFI\0267380.
  • Domenico Musti, Strabone e la Magna Grecia. Città e popoli dell'Italia antica, Padova, 1994, ISBN 88-86413-07-6.
  • E. Lippolis, S. Garraffo e M. Nafissi (a cura di), Taranto. Culti greci in Occidente. Fonti scritte e documentazione archeologica, Magna Graecia, n. 9, Taranto, Istituto per la storia e l'archeologia della Magna Grecia, 1995, SBN IT\ICCU\PUV\0272569.
  • Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, Adrias, n. 1, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2004, ISBN 88-8265-277-7.
  • Giovanna Bonivento Pupino, Noi Tarantini Figli di Parteni, in Ribalta di Puglia, n. 8-9, Taranto, 2003. URL consultato il 30 settembre 2023.

Voci correlate

Lo stesso argomento in dettaglio: Delfino § Simbologia e Mitologia.

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Collegamenti esterni

  • Falanto, su sullacrestadellonda.it, 24 aprile 2017. URL consultato il 30 settembre 2023.
  • Le origini di Taranto: la leggenda di Falanto, su tarantomagna.it. URL consultato il 30 settembre 2023.
  • Filmato audio Taras, la visione di Falanto, su YouTube, 30 settembre 2022. URL consultato il 30 settembre 2023.
  • Falanto, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 30 settembre 2023.
  • (ENIT) La Leggenda di Falanto, Taranto (The Legend of Faranto), su arteologia.altervista.org. URL consultato il 30 settembre 2023.
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