Foresta rossa

Coordinate: 51°22′48.4″N 30°02′56.69″E / 51.38011°N 30.04908°E51.38011; 30.04908
Segnale di pericolo della radioattività nella foresta rossa
Casa abbandonata vicino a Černobyl'

La Foresta rossa (in ucraino Рудий ліс?, Rudyj lis; in bielorusso Руды лес?, Rudy les; in russo Рыжий лес?, Ryžij les) era una pineta di circa 10 km² situata nell'area compresa in un raggio di 10 km dalla centrale nucleare di Černobyl', in Ucraina, che in seguito al disastro nucleare del 26 aprile 1986, subì una ricaduta radioattiva fino a 4,81 GBq/m²[1] che la fece dapprima virare verso il colore rosso e quindi morire. Vicine foreste di betulle e di pioppi tuttavia restarono verdi e sopravvissero[2][3].

Storia

La situazione subito dopo il disastro

La mappa mostra i livelli di contaminazione da cesio tra Ucraina, Bielorussia e Russia nel 1996. La Foresta rossa è da localizzarsi a sud-ovest della centrale a non più di 10 km.

Il disastro di Černobyl' provocò il rilascio di radiazioni per un equivalente di circa 20 volte quello dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki[4].

Nelle settimane e mesi successivi al disastro, in aree adiacenti, alcuni animali come una mandria di cavalli lasciati su un'isola del fiume Pripyat a 6 km dalla centrale, morirono per danni alla tiroide dopo aver assorbito 150-200 Sv[5]. Su una mandria di bovini lasciata sulla stessa isola si osservò uno sviluppo ritardato. Tuttavia, la generazione successiva risultò del tutto normale.

Mappa di localizzazione: Ucraina
Foresta rossa
Posizione della Foresta rossa

Gli anni successivi

Negli anni successivi, col calare del livello delle radiazioni, la situazione è tuttavia cambiata. Studi scientifici[6] così come documentari naturalistici[7][8] e articoli[9] mostrano come l'ecosistema si sia sostanzialmente ben ripreso e sia anzi diventato un'oasi ecologica. L'evacuazione della zona in un raggio di 30 km ha in effetti generato un rifugio unico per la fauna selvatica. La biodiversità in questa area è aumentata in seguito all'assenza di ogni attività umana[10].

Molte specie di animali selvatici e uccelli che non erano mai state viste precedentemente sono ora riapparse nella zona di evacuazione. Fra queste si citano l'alce, il capriolo, il cinghiale russo, la volpe, la lince, la lontra e la lepre[6][11]. Fra i grandi predatori il lupo è ritornato ben presente nella zona di esclusione e sono state persino viste impronte di orso[8]. Fra gli uccelli l'aquila dalla coda bianca[12], il gufo reale e la cicogna nera hanno ripopolato la zona e nel documentario della BBC della serie Horizon, del 1996, si vedono piccioni, storni e rondini volare dentro e fuori dal sarcofago dove hanno posto il loro nido. Anche la biodiversità della flora è impressionante. La ragione di questa ripresa della natura è legata all'assenza di ogni attività umana con tutte le sue implicazioni (industrializzazione, inquinamento, agricoltura, pesticidi).

Oggi

Oggi, i livelli di radioattività hanno raggiunto l'1 röntgen all'ora, anche se, livelli più bassi (1 milliröntgen all'ora) sono comuni in diverse zone. Circa il 90% della radioattività presente nella foresta è concentrato nel suolo.[13] L'area rimane a tutt'oggi nella zona di alienazione presentando una radioattività di 2 microSv per ora[14], equivalenti a poco meno di 18 mSv per anno. La Bielorussia ha istituito sull'area di esclusione di sua pertinenza una riserva naturale[2].

Note

  1. ^ Rapporto degli scienziati sovietici convenuti alla prima conferenza internazionale sugli aspetti radiologici e biologici dell'incidente di Černobyl', settembre 1990.
  2. ^ a b Wildlife defies Chernobyl radiation, by Stefen Mulvey, BBC News April 20, 2006.
  3. ^ (EN) Chernobyl's continuing hazards, su news.bbc.co.uk, bbc.co.uk, 25 aprile 2006. URL consultato il 23 settembre 2014.
  4. ^ Back to wild PDF Archiviato il 15 aprile 2007 in Internet Archive. Sarebbe tuttavia da verificare esattamente quante radiazioni in PBq hanno rilasciato i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.
  5. ^ The International Chernobyl Project Technical Report, IAEA, Vienna, 1991.
  6. ^ a b Environmental Toxicology and Chemistry, Vol.19, No.5, pp.1231-1232, 2000.
  7. ^ BBC, series Horizon, 'Inside Chernobyl's Sarcophagus', 1996
  8. ^ a b France 2, serie Vu du ciel, L'animal sauvage existe-il encore?, Tchernobyl, quand la nature reprend ses droits, 2008, su programmes.france2.fr. URL consultato il 26 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 14 ottobre 2009).
  9. ^ Wildlife defies Chernobyl radiation, di Stefen Mulvey, BBC News.
  10. ^ The Chernobyl nuclear disaster and subsequent creation of a wildlife preserve, Letter to the Editor, Robert J.Baker, Texas Tech University and International Radioecology Laboratory.
  11. ^ IAEA Report, su In Focus: Chernobyl. URL consultato il 29 marzo 2006 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2006).
  12. ^ (EN) Chernobyl: immagini (JPG), su Greenfacts.org. URL consultato il 6 Marzo 2022.
  13. ^ A Natural History of Chernobyl Archiviato il 13 maggio 2009 in Internet Archive., by Mary Mycio, Wormwood Forest: A Natural History of Chernobyl
  14. ^ "Chernobyl - Part One", su news.bbc.co.uk, BBC News, 4 aprile 2006.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

  • Immagini della Foresta rossa, su packrat.musm.ttu.edu. URL consultato il 5 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 9 agosto 2007).
  • (EN) Descrizione della Foresta rossa: l'unico ecosistema presente nella zona di alienazione, su chornobyl.in.ua. URL consultato il 19 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2009).
  • (EN) Texas University, The Chernobyl nuclear disaster and susequent creation of a wildlife preserve, Environmental Toxicology and Chemistry, Vol.19, No.5, pp.1231-1232, 2000, su packrat.musm.ttu.edu. URL consultato il 5 aprile 2009 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2008).
  • (EN) Greenpeace, su archive.greenpeace.org. URL consultato il 19 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2007).
  • (EN) Texas Tech University, website dedicato a tutte le pubblicazioni scientifiche, su packrat.musm.ttu.edu. URL consultato il 5 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2008).
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